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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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I doveri, II, 19
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originale
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[19] Quibus autem rationibus hanc facultatem assequi possimus, ut hominum studia complectamur eaque teneamus, dicemus, neque ita multo post, sed pauca ante dicenda sunt. Magnam vim esse in fortuna in utramque partem, vel secundas ad res vel adversas, quis ignorat? Nam et cum prospero flatu eius utimur, ad exitus pervehimur optatos et cum reflavit, affligimur. Haec igitur ipsa fortuna ceteros casus rariores habet, primum ab inanimis procellas, tempestates, naufragia, ruinas, incendia, deinde a bestiis ictus, morsus, impetus. Haec ergo, ut dixi, rariora.
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traduzione
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19. Diremo, poi, - e tra non molto - in quali modi possiamo conseguire la capacit? di conquistare e mantenere l'interesse degli uomini; ma prima devo dire poche cose. Chi ignora la gran forza della fortuna in un senso e nell'altro, cos? nelle avversit? come nella prosperit?? Infatti quan do godiamo del suo soffio favorevole, perveniamo alle mete desiderate, e quando ci soffia contro siamo sballottati. Gli altri casi della fortuna, dunque, sono pi? rari, in primo luogo quelli dipendenti dalle cose inanimate, come procelle, tempeste, naufragi, distruzioni, incendi, poi quelli causati dalle belve, colpi, morsi, assalti.
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